a cura di Nadia Righi e Cinzia Picozzi | in collaborazione con Galleria l’Affiche
Milano, Museo Diocesano. Piazza Sant’Eustorgio 3
14.11.2019 – 26.01.2020
“La realtà dentro al carcere va sempre al di là di ogni immaginazione. È un luogo che volutamente separa dalla società. Chi, come me, varca quella soglia porta con sé il desiderio di dire che a quell’universo dobbiamo comunque pensare, perché invece della nostra società fa parte. Il mio lavoro vuole essere semplicemente un passo nella direzione di questa consapevolezza.” (M.L.)
Margherita Lazzati ha frequentato il carcere di massima sicurezza di Opera dal 2011, seguendo diversi progetti. Dal dialogo avviato con la direzione del carcere, nel 2017 è nata l’idea di commentare con fotografie il testo dell’Ordinamento Penitenziario, facendo corrispondere ai singoli articoli altrettante gallerie di immagini. Questo lavoro, ancora in divenire, comprende circa 3000 scatti. Questa mostra ne presenta la prima selezione, dedicata all’illustrazione dell’articolo 58, quello che si occupa delle “manifestazioni della libertà religiosa”. Margherita ha documentato, relazionandosi con comunità, talvolta anche molto piccole, la realtà di persone detenute di fede Ebraica, di Cattolici, di Musulmani, di Evangelici, di Buddisti, dei Testimoni di Geova. “Ho scelto di ritrarre non solo i luoghi della preghiera – ricorda Margherita Lazzati – e della condivisione, ma anche i dialoghi, gli sguardi, i gesti rituali, i momenti di convivenza tra persone, che sono poi quelli che maggiormente mi hanno colpita (…). Cerco di rimanere lontana da ogni retorica e di rivolgere la mia indagine unicamente alla “persona”, a prescindere da tutto, in assenza totale di pregiudizio, proprio nel senso di mancanza di informazioni, che non ho e non cerco. In questo caso mi sono concentrata sull’esperienza che le persone vivono e condividono: un’esperienza di riflessione, preghiera, speranza, disperazione.” Accompagna la mostra il catalogo edito da La Vita Felice, Milano, che oltre alle fotografie presenta con testi un insieme di voci molto varie, a volte personali, a volte istituzionali. A nostro parere, gli scatti di Margherita sono una voce a sé: non ambiscono ad altro che a fotografare ciò che accade, raccontando come in carcere identità diverse possano avere diritto di cittadinanza e pari considerazione. Lavorando a questa mostra, qualcuno ricordava la frase di Ramakrishna (1836-1886): “All religions are true. Many rivers flow by many ways. But they fall into the sea”.
Margherita Lazzati (Milano, 1953) Si forma all’Accademia di Belle Arti di Brera e si occupa di fotografia fin dagli esordi. Rende organico il suo lavoro dal 2008, ampliandolo per temi, in seguito presentati in mostre e pubblicazioni. Anno dopo anno, la relazione di Margherita Lazzati con i temi legati al sociale si fa sempre più intensa e reciproca, caratterizzando il suo lavoro come un preciso codice di segno e di senso. La ricerca dell’autrice si muove per immagini che nascono con l’intento del reportage sociale, ma cercano ditrovare il proprio senso al di là del contesto nel quale sono nate. Dal 2011 affronta con estrema attenzione le tematiche legate alla vita negli istituti penitenziari. È del 2017 la mostra Ritratti in carcere, presentata in più sedi in Italia. Vive e lavora a Milano.